Emanuele Blandamura ha solo dieci mesi quando viene abbandonato dai genitori. Va a vivere dai nonni, Felice e Isabella. Incubi e dubbi non lo lasciano mai. A 12 anni rischia di essere stuprato da un pedofilo, sfiora la depressione. Cerca aiuto nei posti sbagliati, prova la droga e ne esce. Arriva a sfiorare il suicidio. Lo salva nonno Felice, maresciallo dei carabinieri in pensione. Gli insegna ad amare la vita. È un rapporto speciale quello che nasce tra il ragazzo ribelle e l'anziano signore che ne ha viste tante nella sua esistenza. Guerra e prigionia comprese. La storia va avanti, sino a quando i ruoli si invertono. Il bulletto di periferia, capita la lezione, si prende cura del nonno malato. Il tempo passa, Blandamura diventa pugile: campione europeo, sfidante al mondiale dei medi. Ritrova la mamma dopo ventisette anni di silenzio, intensifica i rapporti con il papà dopo tanti problemi. Ma il dolore non l'abbandona, nonno Felice non c'è più. Tutto questo Lele racconta in prima persona. Sullo sfondo della storia c'è una Roma di periferia, palestre che sembrano grotte, strade violente, culture che si fondono.
Dario Torromeo giunge con “Che lotta è la vita” al suo ventiquattresimo libro. Ha vinto svariati premi: con “Dodici giganti” secondo nel 2003 al Premio Coni per la Letteratura; “I miei Giochi” è stato premiato come miglior libro a tema sportivo del 2016 all'interno degli Italian Sportrait Awards; con “Anche i pugili piangono” infine Torromeo si è aggiudicato il premio Selezione Bancarella Sport 2017.